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Tornano gli INEDITI a Milano al Nuovo Cinema Parenti. Si comincia con Quentin Dupieux

Nuovo Cinema Parenti, gli inediti delle 22.
A partire da venerdì 4 marzo 2016 al Teatro Franco Parenti di Milano (sala AcomeA). A cura di ceCINEpas.
Milano. Una delle associazioni più cineappassionate in città, ceCINEpas, torna a organizzare al Teatro Parenti la sua rassegna di film inediti in Italia (a parte i festival), e sono occasioni da cogliere al volo. Le proiezioni sono a cadenza settimanale: si comincia oggi, si finirà il 27 aprile. Ogni film viene presentato il venerdì sera alle 22 preceduto da musiche e banchetti (a chilometro zero, of course), con replica il mercoledì successivo (e però stavolta senza musica e food). Finora sono definiti i tre titoli di marzo, e ne consiglio caldamente la visione. Tutti pescati dai vari festival internazionali, sono davvero tra le esperienze cinematografiche più radicali che si possano vivere in sala, film che, pur secondo modalità assai differenti, si situano in un territorio di esplorazione e libera scoperta, in un avamposto di frontiera.

Venerdì 4 marzo ore 22,00 (alle 21 musica e banchetto), replica il 9 marzo ore 22,00
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Réalité di Quentin Dupieux (Francia, Belgio 2014)Image may be NSFW.
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(la mia recensione da Venezia 2014, dove il film era stato presentato a Orizzonti)
Ne son rimasto folgorato. Del francese Dupieux – musicista, fotografo, videomaker, regista e chissà cosa’altro ancora – avevo visto due anni fa Wrong Cops a Locarno, un poliziesco fuorissimo di testa, per niente canonico. Ma stavolta mi ha incantato, ecco, anche se la parola con un mattocco come lui può sembrare fuori posto. È che, rispolverando il caro vecchio surealismo e altre avanguardie storiche (come già Carax in Holy Motors), ci squaderna un film felicemente incomprensibile, dove le storie si snodano prima a cannocchiale, con una storia che ne contiene un’altra che ne contiene un’altra ancora, e poi a incastro, mescolando realtà e sua simulazione, realtà e sogno. Chiedendosi: ma signora mia cos’è mai la realtà? Vediamo matti e pervertiti sfilarci davanti, come in un Todd Solondz, però un filo meno cupo anche se altrettanto devastato. Una bambina sicura che tra le viscere di un cinghiale ci fosse un Vhs. Un produttore che obbliga un aspirante cineasta a riprodurre il miglior gemito possibile, un gemito da oscar. Un preside che di nascosto si veste da donna sulla sua jeep. Un presentatore tv che si gratta davanti alle telecamere convinto di avere un eczema (che non c’è). Una ballata di svaporati e svalvolati che però si snoda fluida come un sogno. Com molti echi del Manoscritto trovato a Saragozza di Potocki, mica per niente libro di culto dei surrealisti. Per me, una scoperta di questo festival. Un piccolo capolavoro. Compare in un cameo non creditato (consegna una specie di Oscar) Michel Hazanavicius, sì, il regista di The Artist.

Venerdì 11 marzo ore 22,00 (alle 21 musica e banchetto), replica il 16 marzo ore 22,00:
Remake, Remix, Rip-Off: About Copy Culture & Turkish Pop Cinema di Cem Kaya (Turchia, Germania, 2014)
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(la mia reccensione da Locarno 2014, Sezione Histoire(s) du Cinéma) Applausi incontenibili oggi al Palavideo per il giovane e sveglissimo regista turco di questo omaggio al cinema di genere del suo paese, soprattutto quello degli anni Sessanta e Settanta. Quando a Istanbul, per via di un regime fiscale favorevole e nonostante l’occhiutissima censura dei militari, si giravano centinaia di cose l’anno. Film storici, avventurosi, western, bondistici, melodrammi: di ogni, di tutto. Molto simile al nostro cinema popolare anni ’50-60-70, però anche infinitamente più povero, più sgangherato e ancora più costretto all’arte di arrangiarsi. Dunque ancora più cultistico. E siccome non esisteva in Turchia protezione del diritto d’auore, si rifacevano perfino i film americani (si vedono sequenze di A qualcuno piace caldo e Il mago di Oz rifatti a Istanbul! cose da non credersi, oltre ogni immaginazione), si rubavano colonne sonore e pezzi interi di film stranieri. Con registi che riuscivano a girarne anche uno al giorno. Insomma, una meraviglia. Quel che per il cinema bis italiano hanno fatto riviste come Nocturno e critici come Marco Giusti, lo fa questo film per il cinema turco. Peccato che il regista ci abbia messo dentro troppa roba e il senso dell’operazione qua e là rischi di offuscarsi. Ma è un film obbligatorio, oltre che assai godibile. Qualcuno lo porti in Italia, please.

Venerdì 18 marzo ore 22,00 (alle 21 musica e banchetto), replica il 23 marzo ore 22,00:
Violet di Bas Devos (Belgio, Paesi Bassi, 2014)
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(mia recensione dal festival di Torino 2014) Alla prima visione non l’ho amato, anzi l’ho detestato proprio. Per poi però rendermi conto, col passare dei giorni, di quanto Violet sia un film importante, fors’anche capitale. Olanda, oggi. Un teenager assiste a un omicidio da parte di due ragazzi poco più grandi di lui. Violet dovrebbe esplorare l’impatto dell’evento sul giovane protagonista, ma, sposando la più estrema antinarratività, si limita a mostrare fattualmente pezzi della sua vita del dopo-delitto senza comunicarci niente. Siamo al grado zero del racconto. Il regista, che immagino giovane, mescola abilissimamente vari linguaggi visuali, e termina con un piano sequenza d’alta scuola. Con parecchi omaggi a Gus Van Sant.

Serata speciale mercoledì 30 marzo in Sala Grande, ore 21,00:
Scarpette rosse di Michael Powell e Emeric Pressburger (UK, 1948)
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